Autore Sconosciuto – La morte di Cleopatra
Sconosciuto
- Tecnica: Olio su tela
- Dimensione: 100x132
- Anno: XVII secolo
- Codice prodotto: LCHI001
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DESCRIZIONE
Soggetto: L’opera qui presentata raffigura la morte di Cleopatra. Cleopatra tutt’oggi è una delle protagoniste femminili più affascinanti della storia, eterno simbolo di bellezza e seduzione. Ultima regina della dinastia Tolemaica, e inoltre dell’epoca ellenistica, acquistò fama soprattutto per il legame che istaurò con Giulio Cesare e successivamente Marco Antonio. Cleopatra concepì un figlio con Cesare, Tolomeo Cesare noto come Cesarione, ma dopo l’assassinio del dittatore fiorì un rapporto amoroso con Marco Antonio, dal quale nacquero altri tre figli. Il loro legame fu uno dei fattori scatenanti che portò alle guerre con Ottaviano Augusto, nipote di Cesare e futuro primo imperatore Romano. Quando Ottaviano invase l’Egitto, Cleopatra si ritirò presso la propria tomba e fece inviare a Marco Antonio un messaggio che annunciò la sua morte. Egli, disperato, si pugnalò e venne portato nella tomba della regina, dove prima di spiare riuscì a rivederla. Al contempo Ottaviano Augusto chiamò da sé Cleopatra, avendo catturato i tre figli nati dalla relazione con Marco Antonio. Quando la regina scoprì che Ottaviano ebbe in mente di portarla a Roma con sé, come trofeo di guerra, decise di suicidarsi. Si dice che si preparò alla morte con un rituale, facendosi riempire un bagno caldo e portare degli alimenti di pregio tra cui fichi. Non abbiamo certezza su come avvenne la morte, le varie versioni narrano che Cleopatra avesse bevuto del veleno o si sia pugnalata (con una forcina di capelli o un ago), ma la versione più sedimentata ormai è quella che riporta che si sia fatta mordere da un’aspide. In questo quadro viene narrata la consolidata iconografia degli ultimi attimi di vita della regnante. La femminilità della Regina d' Egitto è prorompente e si mostra in tutta la sua forza anche nell' ultimo atto della sua vita, con il chiaro intento di voler lasciare un' immagine di Eterna Bellezza.
Stile: Il dipinto qui inquadrato è un ottimo esempio di pittura tardo barocca. Il soggetto si presenta in primo piano, sottolineato da un drammatico chiaroscuro, che distacca nettamente la figura in primo piano dal fondo che risulta quasi nero. La luce illumina solamente Cleopatra stessa, quasi come avesse un faro puntato addosso che in maniera teatrale fa focalizzare tutta l’attenzione su di lei e il gesto drammatico che sta compiendo. L’artista sceglie una soluzione molto rara, quasi unica, il manto che avvolge il capo della regina getta ombra su parte del volto, sottolineando ulteriormente il dramma. L’anatomia è esile e delicata ma dal collo largo e possente. La pennellata nel suo insieme è morbida, delicata, a tocco di pennello per rendere il realismo nel dettaglio, e si fondono i colori delicati in un tutt’uno compatto. La qualità del dipinti si nota anche analizzando le mani, create con grande delicatezza e tenero chiaroscuro, dove trapela la morbidezza e spontaneità del gesto, sottolineando anatomicamente ogni dettaglio. Anche l’aspide viene tenuta con le punta delle dita, quasi pizzicata con grazia. Possiamo vedere un legame con Guido Reni accostando il quadro analizzato con un’opera del maestro bolognese, eseguita poco prima del 1640, esposta al Palazzo Pitti di Firenze. Vediamo come questi due quadri hanno un’impostazione molto simile tra loro, figure dal busto leggermente inclinato, una spalla che si sporge in avanti, il braccio sinistro lievemente piegato, lo sguardo rivolto al cielo come se la regina volesse chiedere alle divinità per darle il coraggio per compiere il gesto estremo. Notiamo però come in Guido Reni c’è una forte componente classicista, la veste bianca che la avvolge ci ricorda la moda antica mentre il tessuto nella nostra opera è un broccato barocco. Inoltre le due opere si distinguono anche per la lezione luministica, mentre in Reni la luce è diffuso, nell’opera analizzata la luce è più diretta e drammatica.
Autore: Non è ad oggi possibile attribuire il quadro ad un autore preciso. In base ai tratti stilistici precedentemente analizzati possiamo collocare il quadro nella seconda metà del Seicento. Il pittore sembra aver guardato alla lezione dei grandi maestri della scuola bolognese, come Guido Reni e il Guercino, non ignorando nemmeno la lezione coloristica e drammatica derivante dalla zona veneta, da sempre famosa per la colorazione, con qualche accenno alla pittura genovese, la quale è spesso teatrale nell’accostamento di luci e ombre e dove le figure si stagliano contro lo sfondo in modo particolarmente netto e decisivo. La soluzione luminosa fa tornare in mente anche l’arte di Artemisia Gentileschi, artista di grande fama che sperimenta la luce artificiale, giungendo a soluzioni simili dove parte del volto viene oscurata dalle ombre, seppure anche lei dimostra ancora un più forte legame con il classicismo che qui già sembra attenuarsi, confermando ulteriormente l’ipotesi di collocare il quadro tra metà e fine Seicento.