Attribuito a Gerolamo Colleoni – Madonna con bambino in veste Salvator Mundi
Colleoni Gerolamo

L’iconografia della maternità si ricollega al soggetto della Madonna col Bambino. Probabilmente è una delle iconografie più popolari in tutta la storia dell’arte sia occidentale che orientale. La Madonna col Bambino compare fin dagli albori della pittura medievale e rimane un soggetto costante finché i temi religiosi sono stati prevalenti nella produzione artistica (ovvero fino […]
- Tecnica: Olio su tavola
- Dimensione: 55x44
- Anno: Prima metà del XVI secolo
- Certificato: Expertise della Dr. Federica Spadotto, visionabile in fase di trattativa
- Codice prodotto: MBRU002
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DESCRIZIONE
L’iconografia della maternità si ricollega al soggetto della Madonna col Bambino. Probabilmente è una delle iconografie più popolari in tutta la storia dell’arte sia occidentale che orientale. La Madonna col Bambino compare fin dagli albori della pittura medievale e rimane un soggetto costante finché i temi religiosi sono stati prevalenti nella produzione artistica (ovvero fino al XIX secolo quando cominciarono ad essere introdotte tematiche ispirate al vivere quotidiano). Nel caso dell’opera in oggetto l’artista inventa un tipo di iconografia che, nel novero delle Madonne con Bambino nella storia dell’arte italiana, costituisce una vera e propria rarità. Infatti l’artista introduce un elemento inconsueto, rappresentando Gesù Bambino nelle vesti del cosiddetto “Salvator Mundi”. Egli appare in atteggiamento solenne, benedicente, reggendo in mano un globo, simbolo del creato. È un tipo di iconografia riservata alla rappresentazioni del Cristo adulto ed è un fatto davvero eccezionale ritrovarla in una Madonna con Bambino, cosa che rende quest’opera davvero unica e straordinaria. Oltretutto quello del “Salvator Mundi” è un tema iconografico diffuso soprattutto in area nord europea e la sua comparsa in questa opera sarà dovuta, senza dubbio, ai molti contatti che gli artisti fiamminghi ebbero in area veneta, ambito da cui proviene il pittore esecutore dell’opera in oggetto.
Dal punto di vista formale l’opera rispetta in pieno tutte le prerogative della pittura veneta di epoca rinascimentale matura. Innanzitutto nella composizione che tributa una straordinaria importanza all’ambiente naturale. Il gruppo con i due soggetti è in primo piano, adagiato su uno scranno coperto da un baldacchino, mentre sulla sinistra viene proposta una splendida apertura paesaggistica. Così l’opera rispecchia i più famosi prototipi di Giovanni Bellini o, volendo andare ancora più indietro, di Cima da Conegliano, certificando la sua appartenenza all’area veneta. Che ci troviamo in pieno XVI secolo, invece, viene attestato dal fatto che l’artista ha ormai compiuto il salto verso un tonalismo maturo, che costruisce lo spazio dell’opera attraverso dei sottili passaggi cromatici e di luce. Così le figure sono fuse perfettamente nel paesaggio, grazie ad una stesura atmosferica che, pur esaltando le loro forme monumentali, pienamente cinquecentesche, le sfuma in maniera naturale. All’interno di questa indubbia appartenenza veneta, va rilevato tuttavia che questo artista mostra alcune affinità con la pittura nordica, in una certa durezza dei panneggi dovuta ad una ingente rilevanza data alla struttura disegnativa.
Come viene efficacemente rilevato nello studio condotto dalla Dr. Federica Spadotto su questa opera, la concomitanza di elementi riconducibili all’area veneta e di una certa influenza proveniente dalla pittura fiamminga avvicinano questo pittore all’ambito lottesco, costituito da artisti che, come il grande maestro, univano lo spirito classico del rinascimento maturo ad una certa volontà di realismo tipicamente nordica (come gli esponenti della Scuola Bresciana, Moretto, Savoldo e Romanino). Partendo da questo presupposto l’opera in oggetto è stata attribuita dalla Dr, Federica Spadotto a Gerolamo Colleoni, artista nato a Calusco d’Adda nel 1500 circa e scomparso a Bergamo nel 1570. Si tratta di un artista molto vicino a Lorenzo Lotto la cui produzione sembra ripercorrere le tracce del maestro anche se rimangono forti, in questo pittore, le tracce del suo retaggio lombardo.