Gregorio Sciltian – Inferno, Purgatorio Paradiso
Sciltian Gregorio
Il trittico presenta una serie di tre litografie ispirate alla Divina Commedia di Dante, una per ogni cantica. Per l’Inferno c’è l’episodio popolarissimo di Paolo e Francesca del V Canto. Per il Purgatorio è rappresentata la pena dei superbi nel Canto XI. Per il Paradiso il Canto VII in cui l’argomento è la Crocifissione di […]
- Tecnica: Litografia a colori tirata con torchio a mano
- Dimensione: 50 x 70
- Anno: 1978
- Certificato: Certificazione Trec
- Stato di conservazione: Ottimo
- Tiratura: Esemplare 59/175
- Codice prodotto: FBAI001
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DESCRIZIONE
Il trittico presenta una serie di tre litografie ispirate alla Divina Commedia di Dante, una per ogni cantica. Per l’Inferno c’è l’episodio popolarissimo di Paolo e Francesca del V Canto. Per il Purgatorio è rappresentata la pena dei superbi nel Canto XI. Per il Paradiso il Canto VII in cui l’argomento è la Crocifissione di Cristo.
Lo stile di Gregorio Sciltian punta fortemente sull’esaltazione dei valori plastici dei soggetti. Il pittore mette in evidenza i volumi, li enfatizza con il disegno e li fa risaltare con un’illuminazione omogenea di tutta la composizione. In questo modo le superfici è come se fossero fatte di un qualche materiale prezioso e lucido. Sciltian, proprio ai fini di un’esaltazione totale del plasticismo, elimina qualsiasi effetto pittorico arrivando ad uno stile che si può dire iperrealista. In questi lavori, trattandosi di opere di grafica, prevale il disegno purissimo che sta alla base delle opere da cavalletto del maestro.
Gregorio Sciltian, italianizzazione di Grigorij Ivanovič Šiltjan (Rostov, 1900 – Roma,1985), è stato un pittore armeno. Nel 1919 a seguito della Rivoluzione d’ottobre lascia la Russia e si stabilisce a Costantinopoli. Il suo stile viene formandosi negli anni Venti, quando ritorna alla figurazione classica, studiando all’Accademia e nei Musei di Vienna le opere del Rinascimento italiano. Nel 1923 si trasferisce in Italia; apre uno studio a Roma e partecipa alla II Biennale romana nel ’25. Roberto Longhi presenta la sua personale alla casa d’arte Bragaglia. Il critico fa il punto sulla peculiarità di una pittura che recupera la tradizione caravaggesca e fiamminga con un realismo di impressionante fedeltà fotografica: una perfezione lenticolare raggiunta con una materia dalla cromìa compatta e una tecnica mutuata dalla pittura antica.