Gregorio Sciltian – Rustico
Sciltian Gregorio
Il genere della “Natura Morta” vede la luce agli inizi del XVII secolo. Consiste nella rappresentazione di composizioni di soggetti inanimati, nella maggior parte dei casi fiori o frutta. Se all’inizio della sua storia era un’occasione per i pittori per cimentarsi in una riproduzione fotografica della realtà, con l’arte contemporanea la “Natura Morta” diventa anche […]
- Tecnica: Multiplo
- Dimensione: 70x60
- Anno: XX Secolo
- Certificato: In allegato certificazione con firma dell'artista
- Stato di conservazione: Ottimo
- Tiratura: 570/690
- Codice prodotto: MPER002
Visualizzazioni 1752
DESCRIZIONE
Il genere della “Natura Morta” vede la luce agli inizi del XVII secolo. Consiste nella rappresentazione di composizioni di soggetti inanimati, nella maggior parte dei casi fiori o frutta. Se all’inizio della sua storia era un’occasione per i pittori per cimentarsi in una riproduzione fotografica della realtà, con l’arte contemporanea la “Natura Morta” diventa anche un modo di interpretare la realtà, come per i cubisti o Giorgio Morandi.
Lo stile di Gregorio Sciltian punta fortemente sull’esaltazione dei valori plastici degli oggetti. Il pittore esalta i volumi, li enfatizza con il disegno e li fa risaltare con un’illuminazione omogenea di tutta la composizione. In questo modo le superfici è come se fossero fatte di un qualche materiale prezioso e lucido. Sciltian, proprio ai fini di un’esaltazione totale del plasticismo, elimina qualsiasi effetto pittorico arrivando ad uno stile che si può dire iperrealista, in cui però gioca un ruolo fondamentale anche lo studio del Caravaggismo e dei pittori fiamminghi.
Gregorio Sciltian, italianizzazione di Grigorij Ivanovič Šiltjan (Rostov, 1900 – Roma,1985), è stato un pittore armeno. Nel 1919 a seguito della Rivoluzione d’ottobre lascia la Russia e si stabilisce a Costantinopoli. Il suo stile viene formandosi negli anni Venti, quando ritorna alla figurazione classica, studiando all’Accademia e nei Musei di Vienna le opere del Rinascimento italiano. Nel 1923 si trasferisce in Italia; apre uno studio a Roma e partecipa alla II Biennale romana nel ’25. Roberto Longhi presenta la sua personale alla casa d’arte Bragaglia. Il critico fa il punto sulla peculiarità di una pittura che recupera la tradizione caravaggesca e fiamminga con un realismo di impressionante fedeltà fotografica: una perfezione lenticolare raggiunta con una materia dalla cromìa compatta e tecnica mutuata dalla pittura antica.