Mosè Bianchi – Firenze

DESCRIZIONE

Il soggetto del paesaggio urbano è già presente in epoca Medievale e Moderna, ma prevalentemente in maniera idealizzata. Le scene di vita cittadina diventano temi tipici con un’interpretazione più verosimile a partire dal XIX secolo. Ricordiamo come subito dopo le correnti realiste dell’Ottocento anche gli impressionisti diedero molta rilevanza al quotidiano, alla vita di tutti i giorni, con un certa predilezione, però, verso la frenesia della città, la folla, il traffico e ambientazioni tipicamente borghesi.

Le opere di Mosè Bianchi si basano, innanzitutto su uno schema compositivo molto equilibrato, ovvero su una prospettiva impostata su una linea dell’orizzonte molto bassa, in modo da comprendere una veduta molto ampia. Nonostante questo ordine compositivo che potrebbe definirsi molto classico ed accademico Bianchi dimostra di essere un pittore che ha recepito le novità della pittura moderna. La sua pennellata, corsiva e sintetica, non è indifferente al linguaggio impressionista. Risulta evidente, inoltre, la volontà di riprodurre un’atmosfera coerente con repentini guizzi di luce registrati dalle pennellate bianche.

Mosè Bianchi (Monza 1840-1904). Studiò alla scuola dei fratelli Induno e formò il suo gusto per le composizioni narrative rappresentate con una grande resa naturalistica. La sua produzione, (con opere come Una lezione di canto corale, La vigilia della sagra, Lo sparecchio dell’altare, Cleopatra e La Signora di Monza) rientra perfettamente nell’area culturale romantica del genere melodrammatico del dipinto pseudo-storico. Inoltre Mosè Bianchi fa parte di quel gruppo di pittori che verso la fine dell’Ottocento si dedicarono sì a tematiche didascaliche, ma lo fecero con una grande ricerca pittorica, aggiornata alle novità dell’Impressionismo e del Post-impressionismo.

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