Tarcisio Generali – Senza titolo
Generali Tarcisio
- Tecnica: Olio su tela
- Dimensione: 20X21
- Codice prodotto: AGGRA008
Visualizzazioni 275
DESCRIZIONE
L’opera si rifà ad un linguaggio estetico informale. La devastazione portata dalla Seconda Guerra Mondiale lasciò un segno profondo nella civiltà occidentale che nelle arti visive si risolse anche in un’impossibilità di comunicare. Tale problematica per alcuni artisti sfociò in un rifiuto totale di qualsiasi linguaggio visivo che si tradusse nella nascita dell’Informale. Le varie correnti informali sono certo collegate all’Espressionismo Astratto americano, soprattutto per quanto riguarda la componente gestuale, ma si spingono oltre per quanto concerne il rifiuto di qualsiasi elemento figurativo, anche geometrico. La loro ricerca si spinge piuttosto verso la materia con cui compongono le loro opere.
L’informale di Tarcisio Generali parte direttamente dalla percezione della realtà e dall’acquisizione dei dati sensibili. Nelle sue opere i soggetti più ricorrenti sono il paesaggio, la natura morta o piccoli brani di quotidianità, ma gli oggetti vengono trasfigurati da un intenso esercizio percettivo che trasforma le cose in materia e gesto. E così la superficie pittorica si presenta estremamente densa e la crettatura del colore assume un ruolo da protagonista nell’interpretazione di Tarcisio Generali della realtà. Gli oggetti perdono la loro forma per essere inglobati in una materia spessa e frantumata che ricorda le opere di Alberto Burri. Anche il colore partecipa di questo esercizio percettivo, esplicandosi in tonalità che poco hanno a che fare con la natura e assumendo delle valenze profondamente spirituali di cromie fluorescenti, violette, rosse e arancioni.
Paolo Generali nasce a Fano nel 1904 All’età di trent’anni decide di seguire la sua vocazione per la vita monastica ed è novizio a Camaldoli dal 1934 al 1936, poi compie gli studi liceali e teologici a Fonte Avellana dal 1936 al 1942. In seguito, con il nome di Tarcisio, è di nuovo a Camaldoli dal 1942 al 1946, anno in cui si trasferisce al monastero di Monte Giove. Qui si dedicherà, oltre alla vita spirituale e monastica, anche alla pittura in modo molto attivo, dipingendo persino le pareti della sua cella. A partire dal 1948 si recherà in diverse città italiane per mostre personali e collettive. Il 1959 è per lui un anno di profonda crisi, che culmina con il suo allontanamento dal monastero con una dispensa ottenuta dalle autorità ecclesiastiche. Negli anni ’60 e ’70 diventa un pittore ed un personaggio molto conosciuto a Fano ed è circondato da amici e commercianti di quadri che fanno conoscere e vendere le sue opere in grande quantità. Nel 1976, però, sente il desiderio di riavvicinarsi ai suoi confratelli, lascia Fano e si trasferisce a Camaldoli, dove trascorrerà la vita pregando e dipingendo, fino a poche settimane prima della sua morte, avvenuta nel 1998.