Tino Signorini – Mare e nuvole

Tino Signorini – Mare e nuvole

Signorini Tino

  • Tecnica: Olio su tavola
  • Dimensione: 35x50

  • Codice prodotto: CCAR001

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DESCRIZIONE

Il paesaggio è stato da sempre protagonista nella ricerca artistica, sia come ambientazione, come sfondo, ma anche come soggetto esso stesso. La descrizione naturalistica del paesaggio è stata una delle maggiori aspirazioni per gli artisti di ogni epoca. Ogni periodo storico ha dato la propria interpretazione del paesaggio contribuendo all’evoluzione della sua descrizione: dapprima con una ricerca sullo spazio, tramite la prospettiva brunelleschiana nel primo Rinascimento; poi sulla resa atmosferica nel Cinquecento; fino ad arrivare alla rappresentazione di ogni singola vibrazione della luce sugli oggetti nell’Impressionismo.

L’opera è un chiaro esempio di veduta paesaggistica espressionista ed astratta. La natura viene interpretata in modo estremamente sintetico, con un esercizio di riduzione che si potrebbe definire quasi brutale, se non fosse che tutto, nella produzione pittorica di Tino Signorini, assume un aspetto etereo e leggerissimo. La superficie è completamente bidimensionale, senza concedere nulla alla profondità spaziale. Le pennellate delineano gli elementi del paesaggio tramite vibrazioni pittoriche che si sovrappongono senza soluzione di continuità. Il colore è usato secondo un’interpretazione decisamente emotiva e spirituale, quasi senza connessione con la realtà. L’opera risulta, dunque, molto significativa della concezione dell’artista Tino Signorini sulla pittura di paesaggio. La natura, per questo pittore, assume una veste compiutamente esistenziale, trasfigurata dal suo gesto pittorico espressionista, astratto e minimale.

Tino Signorini (Tripoli di Libia 1933 – Palermo 2020). In Sicilia arrivò subito dopo la fine della guerra, attraversando in treno un’Italia devastata, un viaggio interminabile durato 12 giorni. Poco più che ventenne cominciò a dipingere, non tralasciando la passione per la poesia, soprattutto per i versi di Camillo Sbarbaro ed Eugenio Montale. Una delle sue tecniche predilette è quella del contè, una specie di fuliggine che copre scorci urbani e che offre una efficace rappresentazione di Palermo, con profili di muri sbrecciati, immersi in un costante crepuscolo. Crepuscolo al quale lui stesso sembra avviarsi nell’85, quando decide di abbandonare la pittura, per poi riprenderla, con rinnovato fervore, nel ’96. Due anni dopo espone alla Galleria La Rocca di Palermo una selezione di sessanta opere realizzate a cominciare dal ’68.


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