Vito D’Ancona – Ritratto di giovane artista

Vito D’Ancona – Ritratto di giovane artista

Vito D'Ancona

Il ritratto è una delle più diffuse espressioni artistiche nell’ambito soprattutto della pittura, ma anche della scultura, in tutte le epoche. Il ritratto è, in primo luogo, una descrizione del soggetto rappresentato, un tentativo di riportare in modo veritiero e naturale la sua fisionomia e le sue caratteristiche individuali. Con l’evolversi progressivo della ricerca artistica […]

  • Tecnica: Olio su tela
  • Dimensione: 25x30
  • Anno: XIX secolo

  • Codice prodotto: SBOB001

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DESCRIZIONE

Il ritratto è una delle più diffuse espressioni artistiche nell’ambito soprattutto della pittura, ma anche della scultura, in tutte le epoche. Il ritratto è, in primo luogo, una descrizione del soggetto rappresentato, un tentativo di riportare in modo veritiero e naturale la sua fisionomia e le sue caratteristiche individuali. Con l’evolversi progressivo della ricerca artistica alla descrizione fisionomica del soggetto si è affiancata anche quella psicologica. Pertanto il ritratto, nei secoli, è diventato anche un mezzo d’indagine introspettiva sul soggetto, sul suo carattere e il suo stato d’animo. Sono intervenuti, a favore di questo tipo d’indagine, i processi di astrazione portati dall’arte contemporanea. L’artista marchigiano Vito D’Ancona, al quale è stato attribuito questo “Ritratto di giovane artista” durante la sua lunga carriera si distinse per un’ingente produzione ritrattistica, nella quale sviluppò il suo stile accademico ma aperto alle novità del realismo francese e del macchiaiolismo.

L’opera è un bellissimo esempio di una fase nella quale l’artista Vito D’Ancona, a cui l’opera è stata attribuita, smussa il rigore formale della sua iniziale formazione accademica con la vivacità e l’immediatezza esecutiva appresa a Parigi grazie all’influenza di pittori dallo spirito profondamente realista come Corot e Courbet. Infatti l’impostazione generale del fare pittorico rimane comunque altamente classica e tradizionale. Il fine decisivo del ritratto resta quello di una rappresentazione mimetica e naturalistica del soggetto di cui l’artista, con la sua eccellente tecnica, ci restituisce ogni particolare della fisionomia. Tuttavia si sente, nell’impostazione generale dell’opera, un forte desiderio di verità, una volontà di uscire dai troppo rigidi formalismi dell’arte pompier per realizzare un’opera più viva ed aderente a una realtà concreta. E così possiamo constatare come la composizione sia stata concepita privandola di un qualsiasi filtro di idealizzazione, in un realismo schietto e puro, tipico della seconda metà del XIX secolo. Già l’inquadratura del soggetto sembra realizzata con un taglio quasi casuale. Egli non è in posa, ma l’impressione è che sia stato colto di sorpresa dallo sguardo del pittore, in un’espressione davvero spontanea che ci restituisce la sua complessità caratteriale più genuina. La distanza da un prodotto di ritrattistica ufficiale è misurabile nella maniera in cui il soggetto sembra quasi immerso nell’ombra, come se volesse nascondersi agli occhi degli spettatori. Da questo punto di vista risulta straordinario l’uso della luce che viene eseguito con dei sottilissimi passaggi tonali per fondere la figura nell’atmosfera densa dello spazio decontestualizzato e farla uscire in maniera graduale e naturalissima. E così la parte alla nostra sinistra viene illuminata in maniera molto soffusa, svelandoci i tratti somatici del protagonista, mentre la destra rimane avvolta in una profonda tenebra. Come dicevamo la verità fisionomica risulta eccellente, ma viene resa con un accentuato pittoricismo che sintetizza la forma in una maniera viva e vibrante. Ed è qui che possiamo misurare la profonda influenza del realismo courbettiano che, nell’immediatezza dell’esecuzione, cerca di restituirci anche la complessità dello sguardo umano, che non è nitido ma registra i più svariati effetti della luce e dell’atmosfera. Tuttavia il nostro artista, nel profondo desiderio di realismo che lo guida nell’esecuzione di questo ritratto, sente di dover guardare anche ad altri modelli. La sua formazione accademica gli fa volgere lo sguardo verso esempi antichi, in particolare alla pittura fiamminga del Seicento, rappresentata dai suoi massimi esponenti Rembrandt e Vermeer.

L’opera è stata attribuita al pittore Vito D’Ancona, nato a Pesaro nel 1825 e scomparso a Firenze nel 1884. Si formò presso l’Accademia di Belle arti di Firenze dove, sotto la guida di Giuseppe Bezzuoli, ricevette un orientamento classico e tradizionale. A partire dal 1855 D’Ancona inizia ad aprirsi alle novità pittoriche del secolo frequentando, insieme a Telemaco Signorini, il Caffè Michelangiolo e gli altri artisti che daranno vita al gruppo dei Macchiaioli. Da qui prende avvio la seconda fase della carriera dell’artista, il quale dallo stilo accademica passa ad un rinnovato uso della luce derivante da un rapporto più diretto con il vero. Quest’evoluzione si compirà definitivamente nel 1867 quando, trasferendosi a Parigi, frequenterà gli italiani De Nittis, De Tivoli e Boldini, nonché i francesi Corot e Courbet. Tutto ciò lo porterà ad adottare un linguaggio più realista, ma sempre tenendo presente i grandi modelli del passato, soprattutto del Seicento toscano e olandese.


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