Davide Tedeschini – Campodigrano

Davide Tedeschini – Campodigrano

Tedeschini Davide

Opera venduta

  • Tecnica: Acrilico su legno
  • Dimensione: 120x110
  • Anno: 2018

  • Certificato: Autenticità
  • Codice prodotto: DTED001

Visualizzazioni 738

DESCRIZIONE

Il gesto estetico e il segno primordiale
Un incontro con le operae novae di Davide Tedeschini.

L’arte è un’esperienza visiva. Maieutica di pensieri ed emozioni, generativa di gesti.
Nell’approcciarsi a un’opera si apre gradatamente un bouquet d’altri sensi che si attivano inconsciamente e ravvivano la radice umana dell’incontro con la bellezza. C’è un momento quello dell’incontro tra l’opera e lo sguardo in cui l’aspettativa si fonde con la realtà per poi confondersi e generare infinite nuove interazioni. La prima possibile è quella tra le forme archetipali presenti nella nostra mente e ciò che l’artista ha impresso sulla tela.
Una memoria storica iscritta nel patrimonio inconscio dell’uomo e il gesto dell’artista, atto umano qualificato dalla volontà di produrre un segno.
Dentro questa cornice l’antologia di operae novae proposte da Davide Tedeschini si pone in un dialogo semantico tra passato e presente, tra memoria e attualità, tra inconscio e coscienza.
Far esperienza della sua opera significa correre il rischio di un processo sempre attivo di confronto tra forme dialettiche distanti e distinte ma sempre comunicanti. Il gesto atavico, fenomenico e il noumeno incorporato nella nostra intelligibilità del mondo. Un gesto estetico che affonda nel segno primordiale la sua morfologia. Talvolta espresso talaltra velato, mediato ma sempre istintuale. A un tempo meditato e immediato. Meditato perché la mente con la sua velocità immagina di contemplarlo ma immediato perché la mano esegue libera la sua creatività incontrando la porosità della tela e la vischiosità del colore. Ecco che nella pittura di Davide Tedeschini il dialogo tra uomo e natura si coglie sfumato come in Quercia ove all’albero si frappone il tronco di una carcassa del quale rimangono le costole.
O come nel Campo di grano dove ai robusti steli di cereali si possono accostare dardi primordiali piantati nel suolo. Anche dove il tema può apparire presente il gesto è antico, originario. Un viaggio contemporaneo nel tempo più giovane dell’umanità, quando l’arte muoveva i primi passi. Mostrando come il processo artistico sempre in continua evoluzione non dimentica tali origini . Il movente è immutato. Lasciare un segno, raccontare, sporcarsi le mani e ispirare chi incontrerà quelle tracce. A ben guardare Davide Tedeschini, artista eclettico e capace di sorprendere, segue la rotta dell’arte nel tempo, con un viaggio che passa dal corpo alla natura, dall’uomo alle altre forme del vivente senza mai dimenticare l’alfabeto delle emozioni che ciascuno di noi ha iscritto dentro dai suoi primi passi su questo mondo.

La pittura è una risposta possibile a due delle domande esistenziali che da sempre accompagnano l’umanità: chi siamo? Dove stiamo andando?

Siamo gli autori di quei segni, ci accompagnano le stesse paure, le stesse speranze. Stiamo muovendo verso un futuro di cui possiamo fare solo previsioni.

Non abbiamo certezze consolidate. Solo convinzioni. In una società a complessità elevata, in cui il linguaggio ha accresciuto gli orizzonti e la comunicazione si è fatta più difficile, la semplicità dei segni artistici di Davide Tedeschini sembra poter rassicurare: tratti universali, segni comprensibili nella Babele dell’ipercomunicazione. Interrompono il flusso, ci permettono di andare avanti più spediti. E intanto inducono una riflessione veloce e non scontata: sappiamo ancora guardare? La risposta è l’interrogativo che rimane aperto alla scelta del fruitore. L’arte ha una funzione estetica e una sociale.

La bellezza e la comunità. Il gusto e l’incontro. Condivisione, dialogo, riconoscimento. Attiva processi continui. Il percorso è lungo e segnato da vari step, da continue scelte, da sempre possibili occasioni: servono occhi, mente e cuore.  In fondo ogni volta che il giorno finisce si vuole solo tornare al proprio rassicurante riparo e, come in Strada per casa, ogni particolare, ogni segnale ci riconduce al nostro rifugio originario: ieri una caverna, oggi una abitazione in cui le opere d’arte possono ricordarci questo percorso.

di Davide Miceli


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